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Ma chi l’avrebbe mai detto! Qualche favore alle banche…
Categories: Finanza

Il decreto Monti è severo con i pensionati e con chi ha un reddito medio basso, ma favorisce gli istituti di credito. Tre le norme salvagente che aiuteranno i grandi gruppi, senza un controllo su errori e responsabilità. Si può ravvisare un conflitto di interessi?

“Salvate le persone, non le banche”, diceva la folla di manifestanti negli Stati Uniti per reazione all’imponente piano di salvataggio del sistema finanziario varato dopo l’insediamento di Barack Obama alla Casa Bianca, con l’obiettivo di evitare fallimenti a catena in seguito al tracollo della Lehman Brothers, avvenuto il 15 settembre 2008.
La storia si ripete in Italia. Le misure adottate il 4 dicembre dal governo di Mario Monti, ex presidente dell’università Bocconi, sono severe con i pensionati, con i proprietari dell’abitazione (l’80% degli italiani possiede la propria casa), con chi ha un reddito medio-basso (i più colpiti dall’aumento dell’Iva di due punti). Le stesse misure fanno invece sorridere le banche.

Nel decreto Monti ci sono almeno tre benefici per le banche. Il primo deriva dalla riduzione a mille euro del tetto per i pagamenti in contanti, finora era di 2.500 euro. Il tetto sarà più basso, solo 500 euro, per le pensioni. Questo farà aumentare i pagamenti con bonifico, assegno, carte di credito e prepagate. Una stima dice che queste transazioni aumenternno del 30 per cento. Dunque le banche incasseranno più commissioni e aumenteranno gli utili. Secondo stime le maggiori banche italiane, Intesa Sanpaolo e Unicredit, potrebbero aumentare gli utili di una decina di milioni di euro all’anno ciascuna. Il tetto a 500 euro per i pagamenti in contanti delle pensioni obbligherà circa due milioni di pensionati ad aprire un conto corrente, anche questo andrà a vantaggio per le banche. Queste norme hanno l’obiettivo di ridurre i pagamenti in nero e l’evasione fiscale. Vedremo se accadrà. Tuttavia il governo non ha previsto un immediato abbassamento delle commissioni bancarie. Monti ha solo espresso un generico auspicio a una loro “adeguata riduzione”. Si affida alla buona volontà dei banchieri…

Il secondo vantaggio per le banche deriva dalla riduzione dei prelievi in contante. Per le banche queste operazioni sono un costo, alcuni mesi fa alcuni istituti avevano perfino introdotto una tassa per chi prelevava allo sportello i propri soldi, sollevando una marea di proteste. Con l’aumento dei pagamenti senza denaro le banche avranno bisogno di meno personale allo sportello. Secondo stime autorevoli potrebbero essere in eccesso fino al 30 per cento dei cassieri. Per gruppi come Intesa e Unicredit questo significa diverse migliaia di potenziali esuberi (almeno 3-4mila cassieri in meno per ognuna di queste banche). Si tratta di personale dal costo medio di 70-80mila euro all’anno. E’ difficile che le banche possano prepensionare questi dipendenti, nel momento in cui il governo alza l’età pensionabile. Avranno comunque una disponibilità di personale che potranno ricollocare. Uno dei banchieri più conosciuti stima che, se le banche riuscissero a ridurre il personale che risulterà in eccesso, nel complesso potrebbero risparmiare fino a un miliardo di euro.

Ma ecco l’aiuto più importante. Le banche sono senza soldi, non fanno più credito alle imprese. E non si prestano neppure il denaro fra loro, perché hanno paura che un’altra banca fallisca. In realtà non tutti sono a secco. Chi ha liquidità preferisce tenerla al sicuro alla Bce, a Francoforte, anche se riceve interessi solo dello 0,5 per cento, ci sono più di 300 miliardi parcheggiati. Cosa ha fatto allora Monti? Ha introdotto la garanzia dello Stato sulle passività delle banche, sulle obbligazioni che emettono per finanziarsi. La garanzia vale anche per le obbligazioni già emesse, è sufficiente che questi bond abbiano tre mesi di vita residua. Se un istituto non fosse in grado di rimborsare le obbligazioni alla scadenza, sarà lo Stato a pagare.
Lo farà con i soldi dei contribuenti, costretti a pagare di più con questa manovra. Il decreto stanzia infatti per questi possibili interventi a favore delle banche 200 milioni di euro all’anno, dal 2012 al 2016, in tutto un miliardo di euro. L’anno prossimo scadono 137 miliardi di bond delle banche. Il primo effetto di questa misura è ridurre il costo della provvista per le banche, grazie alla garanzia dello Stato dovrebbero riuscire a finanziarsi a tassi più bassi.

Se le banche fallissero sarebbe una catastrofe, anche per i piccoli risparmiatori. Dunque l’intento di Monti è comprensibile. Meno condivisibile però è che il salvagente non sia accompagnato da norme che consentano un controllo sulle banche e l’individuazione delle responsabilità e degli errori fatti dai banchieri. Per esempio molte banche hanno impegnato centinaia di milioni di euro in operazioni di potere, come gli interventi “di sistema” (cioè per favorire gli amici) di Intesa in Telecom e nella cordata berlusconiana della nuova Alitalia. Oppure i finanziamenti a favore di Ligresti e dell’immobiliarista Zunino, che vedono in prima linea Unicredit, Intesa e Mediobanca. Questi soldi sono stati sottratti a un utilizzo più corretto, distratti dal finanziamento della produzione delle imprese sane. Quando il presidente Obama ha varato il piano di salvataggio dei gruppi finanziari (Tarp), con un fondo da oltre 800 miliardi di dollari, ha introdotto norme precise di controllo, tra cui un tetto agli stipendi più alti, a cominciare dall’amministratore delegato delle società salvate, che non poteva guadagnare più di mezzo milione di dollari all’anno, pari a circa 350mila euro. Monti non ha messo alcuna norma di questo tipo. Eppure i capi delle grandi banche italiane guadagnano agevolmente almeno due-tre milioni di euro lordi all’anno.

Non c’è un conflitto d’interessi tra queste norme, così favorevoli alle banche, e il fatto che nel governo Monti ci sia una folta pattuglia di ex banchieri? O pensate che questa sia solo una coincidenza? C’è Corrado Passera, che ha lasciato la guida di banca Intesa per fare il superministro dello Sviluppo economico, delle Infrastrutture e Trasporti (stipendio 2010: 3,5 milioni lordi) e possiede ancora circa otto milioni di azioni della banca. C’è Elsa Fornero, il ministro tagli-pensioni che era vicepresidente del consiglio di sorveglianza di Intesa, c’è Piero Gnudi, il ministro del Turismo che era nel consiglio di Unicredit. E c’è Mario Ciaccia, uno dei principali dirigenti del gruppo Intesa, che adesso è il viceministro di Passera alle Infrastrutture. Monti chiama il decreto “salva Italia”. Di sicuro è anche un decreto “salva banche”. Potremmo chiamarlo decreto “ad bancam”.

Gianni Dragoni
Fonte: www.cadoinpiedi.it
Link: http://www.cadoinpiedi.it/2011/12/10/manovra_tre_benefici_per_le_banche.html#anchor
10.12.2011

 

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