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Eolico al Mindino: storia di ordinaria follia
Categories: Eolico Industriale

 

Eolico al Mindino: storia di ordinaria follia?

La vera storia dell’eolico industriale in Piemonte inizia nel 2003 con la prima autorizzazione rilasciata per cinque torri eoliche da posizionare sul Colle di San Bernardo, comune di Garessio (CN). Per eolico industriale si intendono impianti che impiegano macchine di grandi dimensioni con navicelle poste su torri di 60-100 metri  e con rotori di 70-120 metri di diametro, progettate per spazi che non sono quelli alpini e appenninici.

L’impianto di Garessio, che utilizza macchine con rotori di 84 metri di diametro posti a 80 metri d’altezza, viene proposto nel 2002 dalla San Bernardo Wind Energy sul crinale in corrispondenza dell’insellatura del colle, ma viene costruito e inaugurato solamente nel 2008. Due torri inizialmente previste vengono stralciate dal progetto in quanto nel momento in cui si effettuano i sondaggi si scoprono delle cavità carsiche di notevoli dimensioni, che le perizie geologiche non avevano rilevato in fase di progetto.

Nel frattempo nel 2006 un altro impianto di 26 torri, con mozzo ad altezza di 80 metri e rotore di 82 metri di diametro, viene presentato agli uffici competenti dalla Garessio Viola Eolico srl e riguarda il monte Mindino.

In quel momento l’appena nata Associazione Cuneobirding viene a sapere per caso  dell’impianto e, non prima di essersi documentata sui possibili impatti legati alla fauna, coinvolge il Coordinamento Associazioni Ambientaliste. Vengono presentate le prime osservazioni al progetto e ci si rende subito conto di alcuni aspetti fondamentali:

– l’impianto è posto ad una quota elevata, al di sopra del 1600 m, su una cima molto panoramica, in zona soggetta a vincolo idrogeologico;

– la ventosità media del sito è ai limiti inferiori della produttività per questi impianti;

– i potenziali impatti nei confronti di suolo, flora e vegetazione, avifauna e chirotteri paiono subito preoccupanti;

– le informazioni fornite dalla ditta proponente sono assolutamente lacunose e svelano un approccio superficiale al problema, sull’onda delle autorizzazioni facili ottenute in altre regioni italiane nella totale indifferenza delle associazioni e dei cittadini.

Da subito gli uffici della Provincia di Cuneo osteggiano questo progetto e richiedono una serie di integrazioni che interrompe per parecchi mesi l’iter procedurale. La Soprintendenza ai beni Paesaggistici e Ambientali del Piemonte esprime parere negativo già dalla seconda conferenza dei servizi, che verrà confermato, seppure mitigato in alcuni aspetti, fino al termine del procedimento autorizzativo.

Il proponente fornisce ulteriori integrazioni, fra cui una approfondita relazione faunistica in cui si evidenziano forti impatti potenziali nei confronti di alcune specie di rapaci diurni, sia migratori che stanziali: lo studio valuta ad esempio che le probabilità che un aquila reale impatti contro le torri sono pari a 8 individui/anno, il che significa l’estinzione a livello locale di questo rapace, protetto dalle leggi nazionali e comunitarie. Anche per i chirotteri si valutano importanti impatti dovuti alla collisione con le torri.

Per ovviare ai pareri paesaggistici negativi, la ditta riduce a 19 le torri e poi, nel corso del 2010, a 12, anche se con quest’ultima configurazione vengono previste torri di altezza di 100 metri al mozzo e diametro del rotore di 114 metri, dei veri giganti alti come la mole Antonelliana posti fra 1600 e 1800 metri di quota. Questa ipotesi progettuale comporta ancora la creazione di 2 chilometri di piste ex novo e una spesa per le opere accessorie (plinti in calcestruzzo, cavidotti interrati, nuova viabilità, adeguamento di quella esistente) pari a 3 milioni di Euro. Da sola questa cifra permette di comprendere l’impatto che questo impianto avrebbe avuto sul Mindino.

La Soprintendenza conferma come abbiamo detto i pareri negativi, così come le Associazioni mantengono forti dubbi sull’opportunità di questo impianto che, bilanciando i costi ambientali e i benefici economici, non pare per nulla vantaggioso. Inspiegabilmente gli uffici provinciali esprimono a questo punto un parere positivo, forse per non doversi accollare la responsabilità della decisione. Perciò si delega al Consiglio dei Ministri il parere discriminante.

Infatti le pressioni a cui sono sottoposti i funzionari che devono valutare sono molto forti, perché si deve considerare un aspetto fondamentale, rappresentato dagli incentivi economici legati ai Certificati Verdi: in Italia le energie rinnovabili godono di incentivi del 50% più alti rispetto alla media europea e questo fa sì che vengano proposti impianti non produttivi ed economicamente svantaggiosi.; questo meccanismo fa sì che la semplice autorizzazione per un impianto di 38 MW come quello proposto valga sul mercato virtuale dei Certificati Verdi una cifra che oscilla intorno ai 10-15 milioni di Euro… senza che una sola torre venga installata.

Con il parere negativo espresso dal consiglio dei Ministri il 9 febbraio u.s. si chiude l’iter di approvazione di questo progetto (a meno che la ditta ricorra al TAR del Lazio), che ha rappresentato un grosso pericolo non solo per le Alpi cuneesi: il via libera avrebbe stimolato la corsa a progetti in quota di altissimo impatto sul territorio e sul paesaggio, nonché sulla fauna alpina, l’ultima vera fauna che in Italia esprime un’alta complessità e biodiversità in un contesto ambientale integro.

E le popolazioni locali, come hanno vissuto la questione? Come opportunità di lavoro, guadagno, benefici? Come un rischio di impoverimento e deturpazione del territorio? Ovviamente in entrambi i modi. Le amministrazioni rincorrono le royalties che le ditte promettono loro in base alla produzione effettiva o potenziale: i Comuni, spinti sull’orlo del collasso dall’assenza di trasferimenti statali sono disperatamente alla ricerca di denaro. Viene da pensare che questa situazione sia stata progettata ad arte da chi vuole speculare sulle risorse del territorio…

C’è chi invece ha osteggiato con coraggio questa operazione, che è soprattutto speculazione economica e nulla ha a che vedere con la valorizzazione del territorio: a fianco delle associazioni ambientaliste, da sempre attente alla tutela del territorio e della natura, vede la luce il comitato Mindino  Libero che con un’energia dirompente contribuisce a coinvolgere nuovi soggetti quali la sede del CAI locale, la TAM nazionale, il CAI nazionale e poi la Cipra (Commissione Internazionale per la Protezione delle Alpi) che insieme esprimono il loro dissenso con forza e chiarezza. E ottengono il risultato da tempo auspicato.

Ma per chi crede in questi mega progetti non c’è da disperare: nella sola Val Tanaro è presente l’impianto di 5 torri di cui abbiamo detto in apertura, 5 torri sono state appena autorizzate nel comune di Priola (ditta Entec srl), altre 33 torri alte 80 metri sono in iter di valutazione sul colle San Bernardo (San Bernardo Wind Energy srl) e a Ormea (Monteleone srl), altri progetti per ulteriori 25 torri sono in arrivo… progetti che, se autorizzati così come proposti, stravolgeranno il paesaggio della valle, ma non solo. Non può essere diversamente, se consideriamo che per installare le 63 torri si muoveranno migliaia di tonnellate di terreno, si apriranno in mezzo a boschi e praterie chilometri di strade larghe 5 metri, si uccideranno centinaia di uccelli e chirotteri durante i trent’anni di vita degli impianti.

Ma, alla fine, con l’eolico industriale si avrà un beneficio in termini di energia pulita e lotta al riscaldamento globale? Pare di no, o almeno, non come sperato. Infatti le migliaia di torri eoliche ormai installate sul suolo italiano, non coprono più del 4% del fabbisogno nazionale… una cifra che viene annullata dal continuo aumento dei consumi. Per la sua natura intermittente, l’energia prodotta con il vento non può risolvere il problema energetico perché non è costante e necessita di essere affiancata ad altri tipi di impianti a fonti fossili o rinnovabili. Inoltre l’Italia non è una terra di venti ottimali e men che meno il Piemonte.

C’è poi da considerare il costo aggiuntivo degli incentivi che si riversa sulle bollette dei consumatori italiani, ed è calcolato intorno al 10% nei prossimi anni per tutte le fonti rinnovabili.

E proprio gli alti incentivi sono all’origine di questo assalto al territorio e dell’interesse delle mafie. Incentivi che il governo pare voler tagliare drasticamente, sfruttando l’onda del malcontento crescente delle popolazioni locali. Il dubbio forte è che si vogliano riversare ingenti risorse sul nucleare, cogliendo al volo l’apparente contraddizione di chi contesta le fonti rinnovabili. Che sarebbero anche sostenibili se solo non venissero progettate con il solo fine di speculare e considerassero il contesto territoriale nel suo complesso: naturale, sociale, economico, in un’ottica non di rapina ma di compatibilità con un futuro possibile.

Boves 11 marzo 2011

Luca Giraudo

Associazione Cuneobirding

(da Alpidoc, n. 76)

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