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Tragedia a Scarpino il pm chiede 2 anni per Pietro D’Alema

CONDANNE dai 2 anni e 4 mesi fino a un anno e 8 mesi: sono le richieste
avanzate dal pubblico ministero Francesco Pinto nell’ambito del processo
per la morte di Ninni Emiliano Cassola, l’operaio di 33 anni precipitato
in un pozzo per l’estrazione del biogas nella discarica di rifiuti di
Scarpino il 2 ottobre 2008. Il pm ha chiesto la condanna a due anni per
Pietro Antonio D’Alema, amministratore delegato dell’Amiu (Azienda
Multiservizi e di Igiene Urbana) e per Carlo Sacco, il responsabile
tecnico; due anni e 4 mesi per Maurizio Laudadio, dirigente del settore
tecnico della società ASJA Ambiente Italia e Giovanni D’Auria,
amministratore unico e legale responsabile della società incaricata delle
trivellazioni dei pozzi e un anno e otto mesi per Amedeo Fabbri,
responsabile smaltimento per la discarica di Scarpino dell’Amiu.
Alessandro Tavella, ingegnere dell’ASJA, ha già patteggiato otto mesi.
L’operaio cadde in un pozzo di circa 18 metri nella discarica di rifiuti.
A quella profondità l’aria era satura di gas venefico e la temperatura
sopra i 70 gradi, determinata dalla decomposizione della spazzatura. Nino,
insieme ad un altro collega, Cosimo Colace, assisteva alla perforazione
del pozzo con una trivella. I due stavano collegando delle tubazioni per
poi calarle dentro. Improvvisamente, una di queste si sganciò e trascinò
Nino in quella buca melmosa e mefitica. L’amico cercò di trattenerlo per
un braccio, ma non ci riuscì. I vigili del fuoco impiegarono più due
giorni per estrarre il corpo perché erano stati costretti a “sbancare”
tutta la spazzatura e arrivare in fondo al pozzo: «Abbiamo sempre fatto
quel lavoro – aveva precisato Colace subito dopo l’incidente -: nessuno in
questi anni ci ha mai detto che non si doveva fare in quel modo».

 

Repubblica Genova

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